Anche dopo gli investimenti del Governo Renzi, a oggi in Italia non esiste una scuola a norma. I nostri dirigenti scolastici rischiano la pena dell’arresto o dell’ammenda, la sanzione pecuniaria amministrativa, perché sono individuati come datori di lavoro. Poi, però, a ben vedere, sono sprovvisti del potere di spesa per la gestione e manutenzione delle strutture e degli impianti dei plessi. A tal fine deve essere cambiato il Testo Unico sulla materia con un capo specifico che passi la responsabilità dal conduttore al proprietario dell’immobile. Perché tutto ciò comporta un’amplificazione dei rischi fisici per i fruitori dell'edificio. Ai numeri negativi si aggiungono le notizie di cronaca, come quelle di pochi giorni fa, quando le istituzioni sono state costrette a chiudere tre scuole del casertano. Un altro motivo per aderire allo sciopero Udir dei dirigenti scolastici del prossimo 25 maggio, confermato in queste ore dalla Commissione Garanzia.

 

Marcello Pacifico (Confedir-Udir): se i dirigenti dovessero arrivare a chiudere le scuole da loro dirette non si pensi di denunciarli per aver commesso reato di interruzione di pubblico servizio. Perché i presupposti per aver preso una decisione del genere sono stati messi su non certo dai presidi ma, piuttosto, dall’amministrazione centrale che gestisce scelte e fondi. Il tutto avviene mentre gli stessi capi d’istituto subiscono l’ennesimo taglio degli stipendi. Il sindacato Udir mette a disposizione un proprio team di esperti su questi problemi specifici, impegnandosi nel contempo a chiedere una modifica parlamentare delle norme.

 

Sulla gestione delle scuole i presidi italiani hanno solo da perdere: il paradosso è che rischiano la pena dell’arresto o dell’ammenda, la sanzione pecuniaria amministrativa, perché sono individuati come datori di lavoro. Poi, però, a ben vedere, sono sprovvisti del potere di spesa per la gestione e manutenzione delle strutture e degli impianti dei plessi. È come chiedere a una automobile di accendersi e muoversi a velocità sostenuta pur non avendo carburante o i cavi della batteria staccati. Urge, dunque, un cambio di marcia, a iniziare dalle norme. A tal fine, deve essere cambiato il Testo Unico sulla materia (il decreto legislativo 81/08) con un capo specifico sulle istituzioni scolastiche che passi la responsabilità dal conduttore al proprietario dell’immobile.

 

Anche perché oggi non esiste in Italia una scuola a norma: gli ultimi dati ufficiali ci dicono che il piano di emergenza e il documento di valutazione del rischio sono stati riscontrati con certezza da meno di tre scuole su quattro (rispettivamente 73% e 72%); il certificato di collaudo statico, da una su due (49%); quello di agibilità–abitabilità e di omologazione alla centrale termica, da una su tre (39%); la certificazione della prevenzione incendi in corsi di validità è presente appena in un’istituzione scolastica su cinque (21%); il nulla osta provvisorio, sempre di prevenzioni incendi, in una scuola su sei (16%). Sul certificato di collaudo dell’impianto di spegnimento siamo messi malissimo, perché ne è sfornito ben il 91% delle scuole. Ai numeri negativi, purtroppo, si aggiungono le notizie di cronaca: come quelle di pochi giorni fa, quando le istituzioni competenti sono state costrette a chiudere tre scuole del casertano.

 

Del resto, la metà delle strutture dove oggi si fa lezione sono state costruite prima del 1971: pertanto, la maggior parte delle scuole italiane non necessitano di operazioni di routine, ma d’interventi manutentivi ordinari che, siccome perennemente rimandati, si sono trasformanti nel frattempo in opere straordinarie. Intanto si moltiplicano i rischi fisici per i fruitori dell'edificio. Le azioni da intraprendere sono molte: verificare, mediante schede fast e cek-list, l'immediata agibilità di un edificio; attivare le misure economiche con incentivi non inferiori a 15 miliardi di euro, da distribuire in base alle priorità; predisporre verifiche nella prima decade di settembre all’inizio di ogni attività didattica; ricalibrare la normativa su Igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro tramite un nuovo asset legislativo; trasferire una diluizione delle responsabilità dei presidi, attraverso una nuova “impalcatura” organizzativa. Tanti motivi in più per arrivare all'inibizione della struttura scolastica e al conseguente non utilizzo della stessa. Ecco perché il sindacato ha proclamato lo sciopero Udir dei dirigenti scolastici del prossimo 25 maggio, nelle ultime ore anche confermato dalla Commissione Garanzia.

 

Per Marcello Pacifico, segretario organizzativo della Confedir, cui aderisce Udir, “è chiaro che se i dirigenti dovessero arrivare a chiudere le scuole da loro dirette non si pensi di denunciarli per aver commesso reato d’interruzione di pubblico servizio. Perché i presupposti per aver preso una decisione del genere sono stati messi su non certo dai presidi ma, piuttosto, dall’amministrazione centrale che gestisce scelte e fondi. Il tutto mentre i presidi subiscono l’ennesimo taglio degli stipendi. Per tutti questi motivi, il sindacato Udir mette a disposizione un proprio team di esperti su questi problemi specifici e s’impegna a chiedere una modifica parlamentare delle norme”.

 

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