Dopo la presentazione del 18° rapporto di Legambiente Ecoscuola che ha puntato il dito contro le mancate promesse dell’anagrafe scolastica, ricevendo le attenzioni della stampa nazionale, Udir presenta uno studio sui 42.407 edifici scolastici censiti e sul loro obbligo delle dichiarazioni sulla classificazione del rischio sismico. Il dossier del nuovo sindacato dei dirigenti scolastici fa il paio con l’articolata proposta di modifica sul Testo unico sulla sicurezza e le responsabilità dei presidi, presentata nei giorni scorsi in audizione a Montecitorio. Di tutto ciò si parlerà a Salerno, nel corso del Convegno nazionale del 10 novembre. Se non hai mai partecipato e sei un preside, scarica la locandina, registrati e partecipa ai lavori: sarai ospite di Udir. 

Marcello Pacifico (presidente Anief-Udir): Durante gli incontri degli ultimi mesi con centinaia di presidi, è stata pressoché unanime la richiesta di cambiare in toto il Testo Unico sulla sicurezza. I presidi sanno bene che vi è un collegamento immediato tra il problema della sicurezza e quello della responsabilità che ricade sulle loro persone: ci sono dei capi d’istituto costretti a difendersi dalle accuse riconducibili alle analisi tecniche sui documenti di prevenzione, sicurezza e salute, con richieste di condanne penali da tre anni e mezzo in su. Se non vogliamo che si arrivi a chiudere la metà delle nostre scuole, quelle insicure indicate da Legambiente, non c’è altra soluzione: modificare la legge. Non è possibile finire in carcere per colpa dello Stato, tra l’altro per uno stipendio dimezzato rispetto ai colleghi di tutti gli altri comparti.

 

Le denunce Udir sulla mancata sicurezza sulle scuole italiane hanno trovato piene conferme nel 18° rapporto di Legambiente Ecoscuola: il rapporto ha evidenziato le mancate promesse dell’anagrafe scolastica, ricevendo le attenzioni della stampa nazionale. Il dato di partenza è che gli investimenti fatti dagli ultimi due Governi non hanno sanato affatto la situazione della mancata sicurezza delle nostre scuole. Per sintetizzare lo stato di pericolo e la lentezza degli interventi, Legambiente ha affermato che serviranno “ancora cinque generazioni di studenti” per avere “tutte le scuole d'Italia antisismiche e sicure”: necessiteranno, infatti, 113 anni per completare i lavori di messa in sicurezza dei 15.055 edifici scolastici che si trovano in zona sismica 1 e 2, cioè a rischio di terremoti fortissimi o forti.

Il problema, ha aggiunto l’associazione ambientalista, è la “vecchiaia” delle strutture scolastiche: oltre il 60% del totale è stato costruito prima del 1976, anno di entrata in vigore della normativa antisismica, varata sull'onda emotiva del disastroso terremoto del Friuli. Quasi la metà (il 43,8%) di queste scuole ha bisogno di interventi di manutenzione urgenti, mentre solo il 12,3% degli edifici in area sismica risulta progettato o adeguato successivamente alle tecniche di costruzione antisismica. Stando al Rapporto di Legambiente, soltanto il 3,5% degli interventi nelle aree a rischio riguarda l'adeguamento sismico, con una media di 532 cantieri all'anno.

Uno strumento indispensabile per accelerare i tempi è quindi lo sviluppo di un'anagrafe scolastica affidabile. Oggi, denuncia Legambiente e sintetizza Avvenire, è invece ancora incompleta: mancano all'appello 6.315 edifici, il 15% del totale e imprecisa, perché ci sono pure 14.711 istituti registrati due volte. Eppure, il 43,8% delle scuole (dato in crescita rispetto all'anno scorso), avrebbe bisogno di interventi di manutenzione urgenti. Nel rapporto, inoltre, si legge che “i tanti soldi messi a disposizione per il miglioramento dell’edilizia scolastica, ben 9,5 miliardi dal 2014, non hanno contribuito efficacemente al raggiungimento dell’obiettivo: solo 4 miliardi sono stati finanziati per la realizzazione di 12.271 interventi, di cui però risultano conclusi solo la metà”.

Preso atto della situazione da allarme rosso, con troppi edifici potenzialmente pericolosi, Udir ha prodotto un dossier esplicativo sulla vulnerabilità sismica delle strutture dove ogni giorno studiano otto milioni di alunni e operano oltre un milione di lavoratori, tra docenti, dirigenti scolastici e dipendenti: lo studio Udir riguarda i 42.407 edifici scolastici censiti e il loro obbligo delle dichiarazioni sulla classificazione del rischio sismico: dalle sue analisi, purtroppo, non pare affatto che i nostri istituti godano di buona salute in base ai parametri del rischio sulla vulnerabilità degli stessi manufatti.

Dallo studio è scaturita la proposta emendativa del giovane sindacato, a tutela dei dirigenti scolastici, al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 8, attraverso il disegno di legge n. 3830. La proposta – presentata nel corso dell'Audizione Udir del 21 settembre a Montecitorio alla presenza delle commissioni riunite Cultura e Lavoro, esperti sulla sicurezza scolastica - prevede che il capo d’istituto venga “esonerato dalle valutazioni di cui all’art. 28 del presente Decreto, attinenti ai rischi di natura strutturale ed impiantistica relativamente alle Istituzioni Scolastiche ed Educative di propria pertinenza; fermo restando gli obblighi di cui all’art. 18, comma 3-ter del presente decreto, limitatamente alle comunicazioni per la vigilanza e sorveglianza durante la gestione delle attività didattiche, esonerando in toto lo stesso Dirigente Scolastico da ogni responsabilità sia di natura civile che penale”.

La verità è che, in base alla normativa vigente, i dirigenti scolastici sono individuati datori di lavoro nonché titolari delle attività scolastiche: su di loro vige l'incombenza nella valutazione dei rischi di classificare quello sismico, che può essere ricondotto a tre fattori principali: pericolosità sismica, risposta sismica locale, indice di vulnerabilità sismica. Ma tutto questo come può essere realizzato? Con quali competenze? Come può un preside venire a conoscenza del gradiente di rischio del singolo plesso scolastico da lui diretto?

Pertanto, i dirigenti scolastici dovendo attuare le migliori strategie atte a diluire i rischi possono da subito implementare due azioni per l'avvio delle procedure: collaborare sinergicamente con gli enti locali; compilare i dati di propria pertinenza dei modelli di asseverazione del rischio sismico (una per ogni plesso) ed inviare con pec all'ufficio tecnico preposto competente territorialmente per la gestione dell'asseverazione al fine di conoscere la classe di rischio dalla A+ alla G. Ma sino a quando la norma non verrà cambiata, saranno sempre esposti a valutazioni su strutture ed impianti che non potranno eseguire, rispondendone in prima persona sia in ambito civile che penale.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e Udir, ricorda che “durante gli incontri degli ultimi mesi con centinaia di presidi, è stata pressoché unanime la richiesta di cambiare in toto il Testo Unico sulla sicurezza I presidi sanno bene che vi è un collegamento immediato tra il problema della sicurezza e quello della responsabilità che ricade sulle loro persone: ci sono dei capi d’istituto costretti a difendersi dalle accuse riconducibili alle analisi tecniche sui documenti di prevenzione, sicurezza e salute, con richieste di condanne penali da tre anni e mezzo in su. Se non vogliamo che si arrivi a chiudere la metà delle nostre scuole, quelle insicure indicate da Legambiente, non c’è altra soluzione: modificare la legge. Non è possibile finire in carcere per colpa dello Stato, tra l’altro per uno stipendio dimezzato rispetto ai colleghi di tutti gli altri comparti”, conclude Pacifico.

Di tutto questo Udir parlerà il prossimo 25 ottobre, dopodomani, al Convegno nazionale sulla responsabilità dei DS in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro che si terrà a palazzo Montecitorio, organizzato dalle sigle sindacali ANDIS e DISAL; prenderà parte al convegno anche una delegazione Udir con l'ingegnere Natale Saccone e il presidente nazionale Marcello Pacifico. Inoltre, il tema verrà ripreso anche nei prossimi seminari sulle Tre R della Dirigenza. Rischi, responsabilità, retribuzioni: a Salerno il 10 novembre (invia la scheda di adesione  scarica il modulo rimborso) e ad Agrigento il 17 novembre. Inoltre, sul sito è possibile aggiornarsi sulle nuove tappe del seminario. I dirigenti interessati a partecipare possono richiedere informazioni all’indirizzo e-mail  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

Per approfondimenti:

SINTESI DELLA PROPOSTA EMENDATIVA UDIR

Gli emendamenti al Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 il TITOLO XIII bis “Disposizioni in materia di Istituzioni scolastiche ed educative”, specifico per la scuola, prevedono che al “proprietario dell’immobile nel Dirigente tecnico all’uopo individuato”, possa essere conferito un apposito “potere di spesa attraverso uno specifico capitolo del bilancio dell’ente locale rappresentato” e che il Dirigente Scolastico abbia “facoltà di inibire porzioni di spazi didattici sino anche a l’intera Istituzione scolastica ed educativa, senza incorrere in pregiudizio alcuno, in quanto ogni lavoratore deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa”. Pertanto, “il Dirigente Scolastico non può essere sanzionato per reato d’interdizione di pubblico servizio né le giornate lavorative didatticamente perse devono essere recuperate per il raggiungimento della soglia dei duecento giorni di lezione”.

Inoltre, si legge nella proposta emendativa, “il Proprietario dell’immobile, ricevuta la notifica dell’inibizione parziale o dell’interdizione dell’intera Istituzione scolastica, è obbligato ad intervenire repentinamente per dare conferma o rettifica della disposizione presa dal Dirigente Scolastico, mediante relazione tecnica a firma di professionista abilitato, formalmente trasmessa allo stesso Dirigente Scolastico e per conoscenza al Prefetto. Una volta certificato il provvedimento inibitorio da parte del Proprietario dell’immobile, è sua cura trovare attraverso l’Ufficio tecnico preposto, sentito il Dirigente Scolastico, soluzione alternativa utile al prosieguo in sicurezza delle attività didattiche”.

Seguono gli obblighi del “Proprietario dell’immobile mediante l’Ufficio tecnico preposto” a “eseguire sopralluoghi all’interno ed all’esterno di ogni plesso scolastico di pertinenza per verificare le condizioni di fruibilità ed agibilità dei locali ad uso scolastico”, e la costituzione, da parte del Prefetto, di “una Commissione provinciale” composta da tutti i gli uffici e le istituzioni coinvolte. Oltre che una serie di obblighi, per il Proprietario dell’immobile rispetto “alla redazione e all’aggiornamento periodico del Documento di Valutazione dei Rischi di cui all’art. 28 per tutti i plessi di pertinenza, da trasmettere al Dirigente Scolastico”, nonché “alla redazione e all’aggiornamento periodico del Piano di Evacuazione di ogni singolo plesso scolastico, sentito il Servizio di prevenzione e protezione d’Istituto, da trasmettere formalmente al Dirigente Scolastico ove sono indicati i Luoghi sicuri, nel rispetto del Piano di Protezione Civile Locale, nonché i tre livelli di affollamento per vano, per piano e per intero edificio”.

Naturalmente, vengono meglio inquadrati anche gli obblighi del dirigente scolastico. A tutti i livelli: dalla comunicazione dei provvedimenti inibitori e interdettivi, all’individuazione di “un Servizio di prevenzione e protezione idoneo per ogni istituzione rappresentata, nominando tra il proprio personale un numero di addetti e preposti tali da esser sempre presenti in ogni momento di attività didattica lavorativa”. Ogni Dirigente Scolastico deve essere anche “autorizzato a creare nel bilancio annuale d’Istituto un capitolo di spesa destinato alla sicurezza, al fine di far fronte agli obblighi per la costituzione del R.S.P.P. e del S.P.P.”. Come vengono date precise indicazioni sia su come gestire i lavori in appalto, sia sulle sanzioni da applicare al Proprietario dell'immobile: si prevede “l’ammenda da 5.000 € a 15.000 € per non aver adempiuto agli obblighi” meno cogenti; sino “all’arresto da due a quattro mesi di reclusione o con l'ammenda da 2.500,00 € a 7.500,00 € per” quelli più gravi. Viene da sé che i presidi, che non hanno responsabilità dirette sugli edifici, non possono più pagare con il carcere, coma accaduto a seguito del terremoto dell’Aquila, ma vanno sanzionati al massimo “con una multa esclusivamente di natura amministrativa e non penale pari ad € 5.000,00”.

 

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